Una lectio magistralis su cosa sia la poesia e sul perché la si scrive, domenica 19 dicembre alla “Casaccia” di Francavilla Fontana (Br). L’occasione è stata data dalla presentazione della silloge poetica: Epigrammi, di Cosimo Rodia.
L’autore è stato introdotto da Gabriella Rodia e da Annarita Campagnalo che hanno letto alcuni testi del volume presentato.
Poi, sollecitato direttamente con domande di merito dal padrone di casa, il maestro Gennaro Solferino, e da un pubblico esperto, Rodia ha chiarito che il poeta è un ladro di fuoco (Rimbaud), è un sognatore che scrive testi e qualora essi siano brevi, devono avere un linguaggio essenziale e polarizzato, come negli epigrammi, per cui la poesia non può che essere differente dalla narrativa, perché la sua espressione è individuale, simbolica, figurata.
“È chiaro che ci sono diversi modi di fare poesia, ovvero quello con immagini immediate e dirette, di facile comprensione, e quello con immagini che rientrano in processi analogici, come tutto l’ermetismo, il simbolismo, il surrealismo”.
Infine, ha precisato Rodia, con le parole di Mengaldo, che tutti quelli che scrivono sono condizionati da una memoria culturale, ovvero una conoscenza pregressa che viene utilizzata nella produzione.
Alla domanda se la poesia si trovi in difficoltà, Rodia ha chiarito che pur non avendo lettori, pur non essendo un campo profittevole per investimenti degli editori, la poesia salva la vita dalla continua deriva umana innescata dalla società delle immagini, “una società svuotata di significazione nel senso che l’immagine vale di per sè al di là dei messaggi”.
Quanto alla poesia contenuta negli Epigrammi, l’Autore ha sottolineato che centrale è il sentimento d’amore declinato nei suoi vari aspetti, da quello erotico, a quello sentimentale, da quello fraterno a quello relazionale, il tutto in un telaio linguistico vigilato.
La serata è stata allietata da intermezzi musicali eseguiti al pianoforte dal maestro Ivano Barbiero.
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